Informazioni
| Titolo | Verdure essiccate C.E.D.O. |
| Acquisizione | LEG |
| Autore | Anonimo |
| Categoria | Manifesto pubblicitario |
| Collocazione | Palazzo Della Torre, Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, via G. Carducci n. 2, Gorizia |
| Cornice | |
| Dimensioni | 70x100 cm |
| Epoca | 1938 |
| Iscrizioni | |
| Materiale tecnica | Stampa litografica a colori su carta |
| N inventario | FC 134 |
| N inventario fotografico | F:\JPG 134 |
| Nomefile | Scheda 134 BIS.xls |
| Proprieta | Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia |
| Provenienza | Archivio Grafiche Giuseppe Chiesa, Udine |
| Restauri | 2009, Laboratorio Eucore, Autorizzazione Soprintendenza dd. 18 ottobre 2007 |
| Stampa | Grafiche - Chiesa - Udine |
| Stato conservazione | Buono |
| Valore assicurativo | 250,00/350,00 Euro |
| Bibliografia | R. Curci, "Pionieri" del manifesto: la ditta Chiesa di Udine, in 150 manifesti del Friuli - Venezia Giulia. Vita e costume di una regione 1895-1940, Padova, 1982, n. 130.
L. D'Antone, La modernizzazione dell'agricoltura italiana negli anni Trenta, in "Studi Storici", Anno 22, no. 3, carrocci editore, 1981. M. Gallo, I manifesti nella storia e nel costume, Arrnoldo Mondadori Editore, Milano, 1972. P. Delbello, A. Pericin, B. Pompei (a cura di), Nei dintorni di Dudovich. Per una storia della "piccola" pubblicità e dei suoi grandi autori, Edizioni Modiano, Trieste, 2002. |
| Note | Il manifesto pubblicizza le verdure essicate della ditta C.E.D.O. e lo fa ricorrendo ad una grafica esuberante in cui vengono utilizzati un lettering imponente, un testo sull'utilizzo e sulle qualità del prodotto - che sembra ricalcare la pagina del quaderno di ricette di una qualsiasi casalinga italiana - e due immagini vivaci in cui un cuoco, figura atta a conferire ulteriore credibilità all'articolo pubblicizzato, che mostra l'efficacia quasi "miracolosa" del prodotto. Il cucinare negli anni Trenta rappresenta il riflesso della profonda esigenza di modernizzazione dell'epoca. Mai come in quegli anni il fenomeno culinario ha avuto una dimensione ideologica, poiché la società assegnava alla gastronomia un valore politico e un ruolo strategico. Ma, oltre ad una tendenza innovatrice, perdurava nel contempo una linea di pensiero contraria alle influenze internazionali che avevano compromesso la cucina italiana. Si scriveva, all'epoca, nella rivista Cucina Italiana, nata a Milano nel 199: "Quello che rovina la cucina è la facilità con cui le signore, e le cuoche, possono procurarsi salse già elaborate, condimenti preparati in serie, etc... Ed è l’andazzo, che noi abbiamo derivato, come tutte le cose meno simpatiche, dagli stranieri (perché la cucina italiana è, come tutto ciò che è nostro, fondamentalmente sana, buona, saporosa e piacevole) di snaturare il sapore, diciamo così, degli alimenti. Se voi fate arrostire un pezzo di vitello, e ci mettete sopra, o accanto, una salsa che “non ci dice”, voi commettete una crudeltà inutile verso quel povero vitello, che si domanderà sbigottito perché mai l’hanno fatto morire, per dargli quei dispiaceri. [...] E un’altra cosa dovreste fare: non lasciarvi mai sedurre dai cibi fuori stagione. Certo, è molto chic dare a un pranzo, in novembre, dei cibi primaverili. Ma o son primizie venute fuori per forza, nelle serre, o è roba comunque conservata. In ogni modo non ha sapore." |
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